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martedì 22 gennaio 2008

Crisi governo

Spesso chiacchierando con varie persone al Forum, mi accorgo che la politica non interessa a tutti... Ovvio, direte voi, bene... Sicuramente non sto qui a fare la paternale a nessuno per spingere i giovani all'impegno civico o altre stronzate. Ma spesso, ed è il caso di oggi, accadono cose che sono troppo importanti per non capirle, vi lascio questo articolo che è ottimo per mettere a fuoco il quadro della situazione rispetto alla crisi paventata oggi dopo le dimissioni di Mastella.

tratto da www.ansa.it


Alla fine, è Clemente Mastella che stacca la spina; il suo partito non fa più parte della maggioranza ed è pronto a votare contro la fiducia al governo, assieme all'opposizione, per andare alle elezioni anticipate (anche con la legge attuale). Una decisione che apre la strada alla crisi di governo; a meno che Romano Prodi non riesca a trovare la maniera per "resistere, resistere, resistere", come, non senza ironia, gli suggerisce di fare il presidente emerito Francesco Cossiga citando Francesco Saverio Borrelli. La decisione di Mastella prende atto della situazione che si é creata nella maggioranza (in particolare dell'impossibilità di avere la solidarietà chiesta a tutto il centrosinistra), e gioca d'anticipo rispetto al doppio passaggio parlamentare del voto sulla giustizia e di quello sulla sfiducia al ministro Pecoraro Scanio. Al tempo stesso, l'ex ministro della Giustizia pone formalmente la richiesta di elezioni anticipate, che taglierebbero la strada alla riforma elettorale su cui lavora il Pd, e comunque al referendum elettorale considerato una ghigliottina sospeso sul collo di tutti i partiti minori. La mossa di Mastella viene drammatizzata dalla vicenda dell'arresto della moglie, e dalla contemporaneità con altre vicende come l'emergenza rifiuti in Campania, le polemiche, ancora non chiuse, sulla mancata visita del Papa alla Sapienza e il ruolo del governo, il giudizio negativo dei vescovi sullo stato del paese. Ma, a ben vedere, si tratta di uno sviluppo annunciato come possibile da tempo, in particolare da quando lo stesso Mastella aveva avvertito che, se si fosse andati ai referendum, sarebbe stato il governo Prodi a farne le spese. Ora che i referendum sono stati ammessi, che la legge all'esame del Parlamento per evitarli è considerata dall'Udeur egualmente nociva, e che il Partito democratico ha espresso la volontà di volersi sganciare comunque dagli alleati, Mastella, sotto pressione per l'inchiesta campana contro il suo partito, ha giocato l'unica carta a sua disposizione per riaprire i giochi. Anche a costo di sacrificare Prodi che in questi anni, e ancora fino all'ultimo, ha lavorato per tenere assieme tutta la coalizione (come lo stesso Mastella gli dà atto di aver fatto). La richiesta di elezioni avanzata da Mastella suona anche come una sfida a vedere le carte (e l'eventuale bluff) di Walter Veltroni, che aveva appena parlato della possibilità di portare il Pd al voto senza alleanze, quale che fosse il sistema elettorale. Un rischio che sembra ora troppo grande da correre, perché non c'é alcuna garanzia che Forza Italia dall'altra parte faccia la stessa cosa. Né Veltroni e il suo partito sembrano poter più contare sulla volontà di Berlusconi di un accordo sulla riforma elettorale, che sembra venuta meno di fronte alla prospettiva di elezioni (giudicate "indipensabili"), che lo potrebbero riportare a Palazzo Chigi. Se Mastella ha annunciato che il suo partito riprende la propria libertà di azione, non ha però detto se intende passare alla Cdl o perseguire qualche altro disegno, costruendo aggregazioni diverse. La sottolineatura dell'importanza della difesa della libertà e la polemica contro i magistrati sono argomenti che avvicinano la sua posizione a quella di Berlusconi; ed anche la decisione di Forza Italia di presentare, assieme alla Lega ed alla Dca, una mozione di sostegno alle sue dichiarazioni alla Camera nel giorno della dimissioni (mozione chiesta dall'Udeur alla maggioranza ma che Di Pietro, come altri nell'Unione, non avrebbe mai votato) conferma la possibile convergenza su questo terreno. D'altra parte, il rifiuto di An a sottoscrivere la mozione pro Mastella, in nome della propria autonomia, e la prudenza dell'Udc mostrano come i rapporti nella coalizione restino fluidi ed aperti a diverse soluzioni. A questo punto, la palla sta a Prodi, che deve decidere se anticipare i giochi a sua volta, dimettendosi prima dello scontro in Parlamento per puntare ad una pur dificile ricomposizione ed un rinvio alle Camere o ad un reincarico; oppure se giocare il tutto per tutto ed andare al voto in Parlamento, rischiando di cadere (così come accadeva dieci anni fa per il primo governo Prodi), ma sperando che la prospettiva delle elezioni anticipate possa provocare qualche ripensamento e dare ancora fiato al suo governo. A favore di questa seconda opzione anche il fatto che Prodi è sempre stato contrario alle crisi extraparlamentari. In tutto questo, il Quirinale, per il momento, può solo osservare i giochi, almeno fino a quando Prodi non dovesse salire al Colle per dimettersi. E' però noto da tempo che Napolitano non guarda con piacere alla prospettiva di nuove elezioni con la legge elettorale attuale, giudicata responsabile delle gravi disfunzioni di questa legislatura. E non dovrebbe sorprendere quindi se il Capo dello Stato, una volta che si trovasse in mano le dimissioni del governo, dovesse usare tutti gli strumenti che la Costituzione gli concede per creare le condizioni di una riforma elettorale (che però resta affidata in ultima analisi alla volontà politica dei partiti).

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